La rigenerazione dell’ex scalo ferroviario Farini – quasi 620 mila m² di superficie inutilizzata – è entrata in una fase decisiva con il “Progetto Valtellina” di Coima. Il Municipio 9 ha espresso un parere favorevole, ma vincolato: tutti gli oneri di urbanizzazione dovranno essere reinvestiti in mobilità dolce e nella rifunzionalizzazione di via Farini. L’obiettivo dichiarato è trasformare l’asse oggi dominato dal traffico in un boulevard pedonale, con marciapiedi più larghi, nuovi filari alberati, arredo urbano contemporaneo e connessioni ciclabili verso piazza Maciachini e il ponte Farini.

Perché tanto interesse su un’unica strada? Via Farini è la “cerniera” tra Isola‑Porta Nuova e Bovisa: darle una veste boulevard significherebbe completare, dal basso, l’anello dei nuovi quartieri sostenibili di Milano. Gli esempi alle spalle parlano chiaro. Porta Nuova, anch’esso firmato Coima, è diventato il primo intervento al mondo candidato alle doppie certificazioni LEED for Communities e WELL for Community, con evidenti ricadute sul valore immobiliare e sulla qualità dell’aria. CityLife ha spinto ancora più in alto l’asticella, ottenendo il livello Platinum in tre distinti protocolli ambientali e trasformando un’ex area fieristica in un quartiere‑giardino d’eccellenza. In tutti e due i casi la leva decisiva è stata la restituzione di spazio pubblico verde e pedonale; la stessa leva che il Municipio 9 chiede ora per via Farini.

Il masterplan dell’intero Scalo, elaborato da OMA + Laboratorio Permanente, promette un corridoio verde continuo e oltre 50 milioni di euro di opere pubbliche, fra cui due chilometri di piste ciclabili e 42 mila m² di parco. Tuttavia, i residenti ricordano che la zona soffre già di congestione e carenza di presìdi di qualità: negli ultimi confronti pubblici sono arrivate richieste di un presidio fisso di polizia e di un piano traffico che limiti l’attraversamento veicolare su viale Stelvio‑Farini. Da qui la condizione – inserita nel parere del Municipio – di destinare gli oneri proprio alle opere di sicurezza stradale, ciclabilità e decongestionamento.

L’idea è di vincolare alla riqualificazione di Via Farini l’impiego degli oneri di urbanizzazione legati al progetto Scalo Farini, “affinché possa avere una predominante vocazione pedonale mediante allargamento dei marciapiedi, piantumazione di alberi e di essenze verdi, riprogettazione dell’arredo urbano, e affinché acquisti più l’aspetto di un boulevard invece che una via destinata al traffico veicolare”.

L’effetto atteso è un incremento dell’attrattività commerciale di prossimità, una riduzione della velocità dei mezzi privati e un calo misurabile della temperatura di fondo estiva, grazie all’ombreggiamento arboreo.
Analoghi interventi internazionali – dall’High Line di New York all’Avenida Diagonala di Barcellona – mostrano che la trasformazione di assi infrastrutturali in parchi lineari genera un aumento medio a doppia cifra dei flussi pedonali e una crescita di occupazione in ambito retail & food. Traslata su via Farini, oggi “retrogiardino” di Porta Nuova, la prospettiva è quella di un corridoio di vivibilità che colleghi il futuro parco lineare dello scalo con il tessuto residenziale di Dergano e Bovisa, distribuendo i benefici economici e sociali oltre i confini del progetto Valtellina.

In definitiva, la riqualificazione di via Farini non è un mero dettaglio viabilistico: è la cartina di tornasole della capacità milanese di coniugare investimenti privati e interessi collettivi. Cittadini, Municipio 9 e sviluppatore convergono su un punto: senza un boulevard verde, lo scalo rischia di rimanere un’enclave; con esso, può diventare il terzo “modello milanese” dopo Porta Nuova e CityLife, aprendo una nuova stagione di rigenerazione urbana diffusa.